Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 04 maggio 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Zmiz1 nuovo regolatore dello sviluppo cerebrale è associato ai disturbi dello spettro dell’autismo (ASD). Recentemente sono state identificate mutazioni de novo nel co-fattore trascrizionale Zmiz1 in pazienti senza rapporto fra loro, affetti da ASD o da disabilità intellettiva (ID) dovuta a sindromi diverse. Rajan K. C. e colleghi della Tulane University di New Orleans hanno scoperto che Zmiz1 è altamente espresso nel cervello durante lo sviluppo embrionario sia nell’uomo sia nel topo e, all’interno di questa elevata espressione in tutto l’encefalo, Zmiz1 presenta dei picchi in regioni rilevanti per ASD e ID, quali la corteccia, l’ippocampo e il cervelletto. I ricercatori hanno scoperto che Zmiz1 regola vari processi di sviluppo, fra cui la neurogenesi, la connettività neuronica e la segnalazione sinaptica. [Cfr. Frontiers in Psychiatry – AOP doi: 10.3389/fpsyt.2024.1375492.eCollection, 2024].

 

Sclerosi laterale amiotrofica (SLA): una terapia genica ha rallentato la progressione. Un paziente con una forma aggressiva di SLA causata da una mutazione del gene di SOD1 è stato trattato, fin dall’inizio del 2020, con una terapia genica mirata sulla mutazione di SOD1. La terapia ha significativamente ridotto i livelli di SOD1 patologica, rallentando la progressione della malattia. A quattro anni dalla diagnosi il paziente continua a svolgere tutte le attività della vita quotidiana in completa indipendenza. La molecola impiegata è stata approvata dalla FDA e raccomandata dalla EMA per l’uso in pazienti affetti da SLA dovuta a mutazione del gene di SOD1. Sfortunatamente i casi di SLA da SOD1 mutante sono solo il 2-5% del totale [Fonte: Umea University, maggio 2024].

 

Malattia di Alzheimer: miRNA quale link tra dieta grassa e patologia degenerativa. L’insulino-resistenza correlata a miRNA è stata associata allo sviluppo e alla progressione della malattia di Alzheimer. Un nuovo studio ha analizzato gli effetti di una dieta ad alto contenuto di grassi (HFD), e ha verificato che la HFD modulava l’espressione di miRNA periferici e cerebrali relati al metabolismo di glucosio e insulina. I risultati della sperimentazione suggeriscono un ruolo potenziale di questi miRNA, non solo come bersagli terapeutici nel trattamento della malattia di Alzheimer, ma anche quali biomarker periferici per il monitoraggio della malattia. [Cfr. Nutrients 16 (7): 955, 2024].

 

I disturbi dell’orgasmo femminile rivelano un rapporto con ADHD e depressione. In uno studio condotto su 221 donne dominicane, 107 con disturbo dell’orgasmo e 114 prive di disturbi della sfera sessuale, è emerso un significativo rapporto delle alterazioni dell’esperienza del climax con i disturbi dell’attenzione con iperattività (ADHD) e con la depressione. Questo risultato suggerisce un accertamento della presenza di queste due condizioni in tutti casi di anorgasmia femminile. [Cfr. Journal of Sexual Medicine – AOP doi: 10.1093/jsxmed/qdae048, 2024].

 

Disturbo Bipolare: effetto stagionale specifico sui marker infiammatori del disturbo. Sara Dallaspezia e colleghi coordinati da Francesco Benedetti hanno studiato 824 partecipanti divisi in tre gruppi: 321 affetti da un episodio depressivo di disturbo bipolare, 255 affetti da disturbo ossessivo-compulsivo e 248 sani fungenti da controllo. I pazienti bipolari hanno presentato marker di infiammazione sistemica marcatamente più elevati in autunno e in inverno, ma non in primavera e in estate, con un andamento assente sia negli ossessivo-compulsivi sia nei sani. Gli autori suggeriscono che i ritmi stagionali dovrebbero essere considerati nel definire trattamenti immuno-modulatori antidepressivi. [Cfr. Dallaspezia S. et al., Int J Mol Sci. 25 (8): 4310, 2024].

 

Un robot quadrupede con AI per scoprire cosa induce il cambio di andatura animale. Nello studio della locomozione animale non è stato definito quale sia il fattore determinante che porta il cervello a cambiare dal passo al trotto, al saltello e così via. Nel laboratorio di biorobotica della Scuola Politecnica Federale di Losanna, un robot quadrupede esercitato con DRL (deep reinforcement learning, un tipo di machine learning) per percorrere un terreno accidentato con buche dai 14 ai 30 cm di diametro ha appreso la transizione dal trottare al pronking, un’andatura a salti tipica dello springbok, un’antilope sudafricana di media taglia, e della gazzella. L’esito dello studio indica che la ragione di ogni cambio di andatura è sempre evitare le cadute. Dunque, la ragione biologica evoluzionistica consisterebbe nella protezione a fine di sopravvivenza. [Fonte: Scuola Politecnica Federale di Losanna, 30 aprile 2024].

 

Sinestesia: un difetto funzionale nel claustro potrebbe spiegare il fenomeno. La sinestesia, fenomeno descritto per la prima volta da Sir Francis Galton e consistente in esperienze quali sentire il suono di un colore o di una forma, vedere un suono o percepire altre sensazioni di canali sensoriali non stimolati associate a quelle del canale fisiologicamente attivo, ha una base fisiopatologica non ancora definita. Lo psicofarmaco salvinorina A (C23H28O8), uno specifico agonista dei recettori oppioidi k, induce intense esperienze sinestesiche; poiché il claustro contiene livelli molto alti di recettori oppioidi k, si è ipotizzato che una delle sue funzioni, che contribuisce alla separazione dei flussi di informazione dei vari canali sensoriali provenienti dal talamo, sia inficiata temporaneamente nei casi di sinestesia. L’ipotesi del difetto funzionale di reti del claustro all’origine della sinestesia è stata formulata sulla base di nozioni già riportate da Smythies, Edelstein e Ramachandran (The Claustrum, AP Elsevier, Waltham, MA, USA, 2014), ma lo studio, da parte di vari gruppi di ricerca in tutto il mondo, è ancora in corso. [BM&L-Italia, maggio 2024].

 

Perché non è vero che i dinosauri erano intelligenti come babbuini. Un nuovo studio che sarà pubblicato su The Anatomical Record, condotto da paleontologi, neurologi e scienziati del comportamento guidati da Kai Caspar, ha verificato procedure e metodi impiegati per la stima delle dimensioni del cervello e, soprattutto, del numero di neuroni in Tyrannosaurus Rex, su cui uno studio pubblicato lo scorso anno e accolto con grande favore dalla comunità scientifica basava l’ipotesi che i dinosauri fossero in realtà intelligenti come primati, in particolare come babbuini.

Analizzando rigorosamente in base all’anatomia scheletrica e all’istologia ossea i calchi della cavità cranica (endocast) e la forma ricostruita del cervello, Kai Caspar e colleghi hanno rilevato che, nello studio dello scorso anno, il volume cerebrale è stato sovrastimato, in particolare le dimensioni del proencefalo, e allo stesso modo è stato sovrastimato il numero dei neuroni. Inoltre, i neurologi del team hanno considerato il sapere di decenni di indagini sul rapporto tra numero di neuroni e intelligenza, per dimostrare quanto sia fallace se lo si adotta quale criterio assoluto.

Hady George, presentando lo studio alla Bristol University, ha illustrato le ragioni che impongono il riferimento a molte linee di evidenza differenti per avere buone probabilità di avvicinarsi a stime reali dell’intelligenza di animali estinti.

Da tutti i dati emersi in questo studio appare ragionevole dedurre che i dinosauri avessero una base neurale sufficiente ad esprimere abilità cognitivo-strumentali paragonabili a quelle di grandi e astuti rettili viventi, quali i coccodrilli, ma distanti dall’intelligenza fondata sull’architettura funzionale delle grandi reti cerebrali dei primati. [Fonte: University of Bristol, maggio 2024].

 

Uno studio per comprendere le differenze fra persone stonate e intonate nel canto. Alcuni nostri soci hanno proposto un disegno sperimentale per caratterizzare i processi cerebrali nell’elaborazione della musica da parte di persone intonate e stonate nell’esecuzione canora di melodie. L’osservazione, prendendo le mosse da alcune nozioni desunte dagli studi di Zatorre e colleghi e da evidenze nell’ascolto di studenti di canto, ha focalizzato l’attenzione sulle differenze e sul profilo di errore compiuto dalle persone non intonate, allo scopo di ricondurle alle ragioni neurofunzionali sottostanti. È esperienza costante fra gli insegnanti di musica che alcuni errori sono correggibili con l’apprendimento, ottenuto mediante ascolto guidato ed esercizio esecutivo ripetuto, con correzioni riferite alla nota eseguita, del tipo: “più alta” o “più bassa”. In altri casi è evidente che, grazie all’educazione musicale, la persona non intonata si rende perfettamente conto dell’errore ma, per quanto si sforzi, non riesce ad emettere le note giuste. In questi casi, una particolarità è stata rilevata dalle osservazioni preliminari dei nostri soci sul canto spontaneo degli stonati, anche in coro, di semplici frasi melodiche: la distanza tonale tra le note principali caratterizzanti la sequenza è spesso quasi corretta, ma gli errori rendono l’insieme dissonante e lontano dalla sua originale identità acustica.

Anche le persone intonate non sono perfette e, secondo una teoria, esiste una gamma continua che va dalle persone estremamente dotate nel canto a quelle popolarmente dette “stonate come una campana”, ossia del tutto incapaci di intonarsi alla nota ascoltata. In altre parole, in tutti noi l’abilità di canto si fonda su una componente geneticamente ereditata e una componente appresa: l’eredità sembra essere multigenica e pluriallelica, e anche l’apprendimento può variare da quello derivato da un ascolto distratto a quello guidato dallo studio della musica. Dunque, la distinzione comune fra intonati e stonati creerebbe artificialmente due categorie dal paragone delle persone incapaci di riprodurre il più elementare ritornello con tutti gli altri. Con lo studio, una persona poco dotata può imparare a cantare in modo corretto canzoni semplici, ma le persone al polo estremo della gamma, ossia apparentemente insensibili al riconoscimento perfino di un intervallo di quinta perfetto, possono apprendere concettualmente, ma rimarranno sempre incapaci di corretta esecuzione melodica.

È interessante un aspetto del profilo di errore delle persone intonate: generalmente conservano l’andamento delle frasi musicali e il loro limite consiste nel non “entrare bene” in alcune note, per difetto di ascolto (conoscenza) o di abilità di esecuzione (esercizio).

La definizione delle basi neurobiologiche e neurofunzionali delle abilità di canto potrebbe fornirci le ragioni di tutto ciò che oggi ci limitiamo a rilevare e distinguere nelle prestazioni. [BM&L-Italia, maggio 2024].

 

Venezia nel Settecento: un emblema italiano di civiltà e cultura rivela il segreto della pace sociale. La scorsa settimana abbiamo analizzato, come radice antropologica dell’atteggiamento belligerante, l’assunzione da parte delle società dell’Alto Medioevo di costumi barbari, quali l’essere armati dei civili e il praticare la caccia, virtualmente da parte di tutti i componenti adulti e abili della società. Nel corso dei secoli questi usi si stabilizzano, diventando propri dei popoli europei ma, a partire dal Rinascimento, in Italia si fa strada uno stile etico e comportamentale diverso che, fondendo ideali cristiani e neoplatonici, tende a sostituire l’amore per l’arte, per il sapere e per il prossimo alla conflittualità armata fra famiglie in faida perenne.

Lo stile italiano, grazie alla sua visibilità urbi et orbi conferitole dalla Chiesa di Roma, diventa modello per le menti illuminate di tutta Europa e così nasce la cultura del Grand Tour, consistente nel venire in viaggio nelle città d’arte italiane ad apprendere uno stile di vita ricco di contenuti culturali e non appiattito su interessi materiali e rancori atavici. La multiforme realtà italiana, anche se politicamente divisa e spesso irrisa, è ritenuta scuola di vita. In questa cornice spicca con evidenza la Venezia dipinta da Canaletto e da Guardi, dove il primato nella stampa artistica di volumi attira autori da Firenze e Napoli – pur ricche di stamperie e stampatori noti e celebrati – e dove lo stile di vita spensierato e armonioso attrae viaggiatori di tutte le età in cerca di vita felice, e vede lo stabilirsi di ospiti permanenti provenienti da dodici stati diversi. Il teatro, la musica, la danza investono tutto il popolo in un carnevale che comincia il 26 dicembre o il 7 gennaio, per durare con la sua vita pubblica in maschera e in giochi e balli fino al mercoledì delle ceneri, quando ha inizio una quaresima spesso interrotta con licenza ecclesiastica per la celebrazione con feste popolari di santi e anniversari.

Venezia attraversa un periodo di virtuale assenza di crimini: una condizione di sicurezza sociale e di vita serena, il cui merito è attribuito da alcuni storici della civiltà a un’attenzione diffusa e condivisa alla vita erotica, che avrebbe polarizzato l’attenzione e dissolto ogni tensione aggressiva. Ma una lettura più approfondita di biografie e storie del costume ci presenta una realtà più complessa e articolata, con un interessante concorso di ragioni che non si possono ignorare. Fra queste ragioni vi sono la frequenza quotidiana alla messa e alle altre devozioni, il valore assoluto attribuito alla concordia e alla pace sociale quale veicolo di aiuto reciproco, l’importanza conferita alla cultura e alla sua diffusione attraverso attività sociali piacevoli, il gioco senza azzardo praticato in tutte le classi sociali. Un adagio ripetuto in segreto dagli uomini a Venezia è riportato dagli storici della civiltà: “Al mattino una messina, dopo pranzo una partitina e la sera una donnina”[1].

Il salotto, tenuto spesso nella biblioteca di casa, era nel pomeriggio il centro della vita culturale familiare quotidiana e lasciava entrare le teorie di Voltaire, Rousseau, Helvetius e Diderot, ma non distoglieva dal recarsi ai Vespri serali. I Gesuiti, espulsi dalla città nel 1606 per eccessiva ingerenza nella politica e nell’istruzione, erano stati riammessi fin dal 1657 e la loro pastorale di misericordia senza il rigore di condanne inquisitorie era generalmente vista come una paterna protezione dal rischio di perdere l’anima. Il costume dei nuovi locali chiamati Caffè e importati da Firenze teneva impegnati molti, oltre che nei giorni di festa, prima e dopo il lavoro, quando la degustazione era spesso una scusa per incontrare gli amici e fare nuove conoscenze. Ma, mentre a Firenze si erano create due fazioni, quella dei sostenitori del caffè e quella dei sostenitori della cioccolata calda, forse scoraggiati dall’invettiva del medico scienziato Francesco Redi contro i pericoli del caffè, a Venezia dice Goldoni: “Beviamo una decina di tazze di caffè al giorno”[2]. Naturalmente era una bevanda molto più blanda dell’espresso odierno: si trattava di un infuso di caffè e non di un estratto secondo la tecnica sviluppata a Napoli molto tempo dopo.

Questi nuovi locali a Venezia erano un luogo in cui ci si recava per lenire l’ansia e prevenirne lo sviluppo: si potevano conoscere esattori delle tasse, medici, magistrati, concessori di licenze, amici del doge[3], mecenati, imprenditori in cerca di manodopera e giovani in cerca di occupazione. La conoscenza del banconiere[4] era spesso preziosa: con una piccola mancia poteva mettere in contatto con qualsiasi persona fosse cliente del Caffè. Senza averne una specifica coscienza, la vita sociale a Venezia era organizzata con una intensità di eventi in grado di promuovere affettività positiva e di nutrire speranza che aveva pochi uguali in quel periodo: “Fiorivano svaghi di ogni genere, dagli incontri di pugilato, ai balli in maschera, alle partite col pallone, che veniva lanciato in aria a mano aperta. Per non parlare degli sport acquatici. Sin dal 1315 si svolgeva ogni anno, il 25 gennaio, una regata sul Canal Grande, alla quale partecipavano galee opportunamente ornate e con cinquanta remi ciascuna: la festa culminava in una partita di pallanuoto nella quale centinaia di Veneziani si dividevano in gruppi chiassosi e vivacemente contrastanti. Il giorno dell’Ascensione il doge salpava in gran pompa da San Marco per il Lido, a bordo del Bucintoro, una nave da parata, decorata sontuosamente, per celebrare ancora una volta le nozze tra Venezia e il mare”[5].

L’elenco dei costumi veneziani che fornivano stimoli antidepressivi sarebbe troppo lungo in questa sede, ma vogliamo menzionare qualche elemento di potente impatto psicologico, ripreso in tutto il mondo oppure originato indipendentemente da una differente radice antropologica, ma rinforzata da uguale ragione psichica. Il fantasmagorico carnevale di Venezia, celebre per lo sfarzo dei costumi e la creatività delle maschere, doveva stupire, meravigliare, sorprendere, lasciare di stucco[6]: le macchine gigantesche per il movimento delle enormi figure di cartapesta che vediamo oggi nel Carnevale di Viareggio e in tante altre città nascono proprio dall’imperativo veneziano di scioccare positivamente e così incuriosire lo spettatore. Nel carnevale del 1751 fu portato in sfilata per la prima volta a Venezia, e in Italia, un rinoceronte[7]: la gente, che non aveva mai visto un animale simile, si chiedeva se fosse vero e qualcuno sosteneva di no, in quanto lo trovava troppo goffo e carnevalesco per essere un animale vivo realmente esistente.

L’effetto novità, cui contribuiva la visione del “mai visto”, l’essere circondati da persone che interpretavano realmente nei rapporti sociali il ruolo delle maschere che rappresentavano – e più di altre erano Pantalone, Arlecchino e Colombina – costituiva uno stimolo in grado di nutrire il tono dell’umore. La vita temporaneamente concepita all’insegna del gioco, che ha nella mutazione di identità del travestimento la massima espressione della volontà che, sia pure per gioco, impone alla realtà sociale il proprio punto di vista su sé stesso, insieme con tutte le altre occasioni sociali di aggregazione e divertimento, ha il potere di far mutare il quadro mentale legato alle esperienze in corso nella mente sincronica.

Un’importante peculiarità che distingue il carnevale di Venezia dai Saturnalia romani, dai quali si ritiene che origini, è rappresentata dal fatto che l’antica festa pagana costituiva una vera e propria uscita dal sistema di legalità pubblica e di etica religiosa riconosciuta dal potere politico: gli eccessi e gli estremi sono consentiti e il rischio è a carico di chi vi partecipa; a Venezia invece gli eccessi sono banditi, perché romperebbero l’armonia con le autorità religiose e la serenità di coscienza, e, quando si verificano, costituiscono delle eccezioni accuratamente occultate dai protagonisti. La razionalizzazione dei prelati per qualche trasgressione segreta, nascosta dal mascheramento[8], è sintetizzata in queste parole: “Almeno hanno evitato il cattivo esempio, che è peccato di scandalo, ossia allontana dal Signore”.

Giacomo Casanova (1725-1798), figura emblematica del Settecento veneziano, fu letterato con la passione per la matematica, leggendario seduttore e frequentatore di personaggi quali Voltaire, Rousseau, Mozart, Franklin, Caterina II di Russia, Federico II di Prussia, Madame de Pompadour, Papa Benedetto XIV e altri, per il suo lavoro diplomatico di spia al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia. È interessante sapere che a Venezia la tecnica per acquisire informazioni segrete aveva una tradizione che risaliva proprio al carnevale: fra le tante maschere ve ne erano alcune mescolate fra la folla che, con mille artifici e astuzie, riuscivano a identificare e seguire persone sospette e coglierle in flagrante adulterio o in altre condotte peccaminose. Questi agenti segreti erano le spie dell’Inquisizione. Si vuole che da questi delatori religiosi avesse imparato Casanova.

Sulle cortigiane di Venezia si è molto favoleggiato e, se è vero che è storicamente esistita a Venezia una prostituzione autorizzata e regolamentata da misure di decenza e sicurezza pubblica, è pur vero che il quadro dipinto da libri licenziosi e trame del filone cinematografico erotico ambientato a Venezia è frutto di fantasia. Le cortigiane più famose erano ricchissime, vivevano in case principesche sul Canal Grande, cambiavano quattro o cinque fastosi vestiti al giorno e non vendevano squallidamente il proprio corpo, ma offrivano ai loro clienti la possibilità di entrare in un sogno: quello di amare ed essere riamati da un’incarnazione della bellezza e della ricchezza. Per avere una di queste dame come concubina era necessario stanziare cifre astronomiche. Rousseau racconta di essere entrato in società con altri due facoltosi pretendenti stranieri per mantenere una concubina veneziana per un po’ di tempo. Ma la diffusione della prostituzione fra le ragazze povere veneziane, come a fine Cinquecento e inizio Seicento, quando si diceva che le prostitute erano più delle suore e delle madri di famiglia, era ormai lontana[9].

Nel Settecento Venezia era seconda solo a Napoli per la musica, e la sua scena era dominata dalla personalità del maggiore virtuoso di violino del secolo, compositore, riformatore del concerto grosso e geniale ideatore di concerti per violino e orchestra, che rispondeva al nome di Antonio Vivaldi. Un uomo dalla grande potenza compositiva e dalla bonaria mitezza d’animo, che diffondeva sentimenti di fratellanza cristiana in tutti coloro che incontrava. Era sacerdote e, per il colore dei suoi capelli, soprannominato il “Prete Rosso”. Bach lo ammirava talmente da scrivere gli adattamenti di nove suoi concerti per clavicembalo, di quattro concerti per organo e di uno per quattro clavicembali e una sezione di archi[10].

Le maldicenze degli invidiosi avevano fatto nascere confabulazioni e storie che poi sono state riprese in alcune biografie e diventate quasi leggendarie, ma la realtà emerge chiara dai documenti. Si legge in questi racconti che, mentre celebrava messa, interrompeva per andare a comporre[11] e, dunque, lo avevano punito sospendendolo dall’ufficio; invece aveva chiesto lui alle autorità religiose di essere esonerato per motivi di salute; e in queste sue parole leggiamo anche della malattia non specificata ma considerata congenita: “Sono venticinque anni che non dico messa… non per vieto o comando… ma per mia elezione, e ciò stante a un male che patisco «a nativitate» pel quale io sto oppresso. Appena ordinato sacerdote, un anno o poco più io ho detto messa, e poi l’ho lasciata avendo dovuto tre volte partir dall’altare senza terminarla a causa dello stesso mio male”[12]. Si favoleggiava su un suo presunto libertinaggio, perché lo vedevano andare in gondola o in carrozza sempre accompagnato da quattro o cinque persone, fra le quali vi erano delle infermiere, che lo assistevano per i problemi di salute. Ecco come lo si legge in Durant: “Queste «persone» erano in massima parte donne, e donne di immacolata reputazione: «Per tutto fu ammirata la loro onestà… Ogni otto giorni esse fanno le loro divozioni»[13][14].

D’altra parte non poteva essere un “prete libertino”, perché tenuto per 37 anni come maestro di coro, compositore e docente di violino al Seminario Musicale dell’Ospedale della Pietà, dove la severità di controllo sulla vita privata dei docenti era proverbiale. Le cronache dell’epoca riferiscono di testimoni che lo vedevano sempre con un rosario tra le mani per pregare durante tutto il giorno, eccetto quando componeva[15].

La sua velocità nel comporre era strabiliante: ci sono giunte 554 composizioni, 454 delle quali sono concerti; sul frontespizio di una di queste opere leggiamo: “Fatto in cinque giorni”; lui stesso diceva di essere in grado di “comporre un concerto più rapidamente di quanto occorra a un copista per copiarlo”[16]. La ripetitività ravvisata da molti critici è dovuta al fatto che spesso lui concentrava l’attenzione sullo spunto creativo principale di ogni opera, considerando il resto un contorno da aggiungere anche attingendo a temi e modi a lui cari e consueti. Tuttavia, non fece mai come Händel, che chiedeva prestiti a sé stesso e adattava vecchie composizioni aggiornandole solo un po’ nello stile.

Antonio Vivaldi scrisse ben quaranta opere nei brevi intervalli di tempo libero dal suo lavoro presso l’Ospedale, durante il quale insegnò anche pace, rispetto, amore per il Signore, per il prossimo e per la musica, nella serenissima speranza di una vita ultraterrena di eterna beatitudine. [Fonte: Seminario Permanente sull’Arte del Vivere BM&L-Italia, maggio 2024].

 

Notule

BM&L-04 maggio 2024

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[1] P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, XIII, p. 357, cit. in Will & Ariel Durant, Storia della Civiltà – Rousseau e la Rivoluzione (4 voll.), vol. I, p. 289, Edito-Service, Ginevra e Mondadori, Milano 1968.

[2] Goldoni, Memoirs, p. 178, cit. in Will & Ariel Durant, op. cit., p. 291.

[3] Il doge era il capo di stato e di governo della Repubblica di Venezia, con incarico a vita come un re.

[4] La parola è della lingua veneziana, come indica lo specifico suffisso -iere, proprio di parole veneziane importate nell’italiano: paniere, cameriere, gondoliere, ecc. Il banconiere del bar era una figura importante in Italia e, come tale, importata a Parigi. Il mito del banconiere di bar parigino di origine italiana sopravvive negli USA e fu lo spunto per la creazione di un divertente personaggio di un famoso film brillante interpretato da Jack Lemmon: Irma la dolce.

[5] Will & Ariel Durant, op. cit., p. 291.

[6] Lo troviamo ancora nelle parole di una canzone di una scuola di samba vincitrice del carnevale di Rio: “… lasciare questa città di stucco a bocca aperta nella Sapucaì (la via della sfilata)”.

[7] Will & Ariel Durant, op. cit., p. 292.

[8] Sembra che un modo frequentemente usato per non farsi scoprire fosse indossare gli abiti di una maschera molto comune; abiti prestati da conoscenti o presi a noleggio da sartori di atelier con numerosi lavoranti.

[9] Fra queste ragazze povere che andavano a prostituirsi fuori Venezia, spesso a Padova, vi era anche Marina Gamba che, divenuta compagna di vita di Galileo Galilei, lasciò la prostituzione.  

[10] Cfr. Marc Pincherle, Antonio Vivaldi et la musique instrumentale, pp. 229-232, Librairie Floury, Paris 1948.

[11] Cfr. Marc Pincherle, Antonio Vivaldi et la musique instrumentale, op. cit., p. 16.

[12] Will & Ariel Durant, op. cit., p. 293.

[13] Marc Pincherle, Antonio Vivaldi et la musique instrumentale, op. cit., p. 17. Pincherle cita di nuovo le memorie dello stesso Vivaldi. Per “divozioni” qui si intende confessione e comunione alla messa domenicale.

[14] Will & Ariel Durant, op. cit., p. 293.

[15] Cfr. Marc Pincherle, Antonio Vivaldi et la musique instrumentale, op. cit., p. 61.

[16] Romain Rolland, A Musical Tour through the Land of the Past, p. 187, H. Holt and Company, New York 1922.